Il Whitney Museum of American Art, collocato nel Meatpacking District di New York, al 99 di Gansevoort Street, ospita l’intera produzione di arte americana contemporanea e del XX secolo. Particolare attenzione è riservata alle opere di artisti viventi, col fine di promuovere la conservazione, la collezione e l’esposizione della produzione artistica made in USA.
Origini del Whitney Museum of American Art
Il museo, fondato nel 1931 dalla scultrice Gertrude Vanderbilt Whitney (1875-1942), in origine contava circa seicento opere, tra cui quelle di Stuart Davis (1892-1964), Charles Demuth (1883-1935) e degli esponenti della Ashcan School, un movimento pittorico attivo in America fra la fine del XIX e gli inizi del XX secolo. Il Whitney ha costantemente acquistato opere entro l’anno in cui sono state create, spesso ben prima che gli artisti esposti diventassero ampiamente riconosciuti.
La “Whitney Biennial”
Ogni due anni, il museo organizza la “Whitney Biennial“, una celebre manifestazione d’arte contemporanea, attiva dal 1973, a cui fino ad oggi hanno partecipato più di 3.600 artisti.
La nuova sede del Whitney Museum
Il museo, dopo essere stato inaugurato nella West Eighth Street vicino alla Fifth Avenue, conosciuta anche come “il miglio dei musei”, nel 2014 è stato trasferito nella nuova sede all’avanguardia, dall’aspetto più contemporaneo, progettata dall’architetto italiano Renzo Piano. Oggi il Whitney Museum si erge tra l’High Line, un parco ricavato da una sezione in disuso della West Side Line, ex ferrovia sopraelevata facente parte della più ampia New York Central Railroad, e il fiume Hudson.
L’importanza di un design sostenibile
Fin dall’inizio, il museo ha abbracciato la prospettiva di un design sostenibile, riunendo un team di lavoro in linea con tale approccio. Renzo Piano ha quindi concepito il progetto di un museo teso alla valorizzazione del principio di sostenibilità ambientale, incorporando nel nuovo edificio, elementi di design ecologico. Queste caratteristiche includono approcci avanzati all’infrastruttura degli impianti meccanici, elettrici e idraulici, così come alla progettazione delle pareti esterne.
La direzione artistica
Dal 2003 la direzione artistica è affidata a Adam D. Weinberg. In qualità di curatore, Weinber ha organizzato, tra gli altri, retrospettive di Edward Hopper (1882-1967), Alex Katz (1927), Isamu Noguchi (1904-1988), Robert Mangold (1937) e Frank Stella (1936).
L’apertura all’innovazione
Ciò che contraddistingue il Whitney Museum, è sicuramente l’apertura all’innovazione e all’originalità, imponendosi come il primo museo di New York ad aver presentato, nel 1982, una retrospettiva del video artista sudcoreano Nam June Paik (1932-2006), il quale visse in prima persona il concetto di mobilità come stimolo alla vita.
Figure importanti del panorama americano, come gli artisti Jasper Johns (1930), Jay DeFeo (1929-1989), Glenn Ligon (1960), Cindy Sherman (1954) e Paul Thek (1933 – 1988) hanno potuto esporre le loro opere inedite grazie alla fiducia offerta loro dai curatori del Whitney.
La mission del Whitney
Mission del museo, fin dalla sua istituzione, è sempre stata quella di valorizzare un contesto museale nel quale favorire una circolazione immediata di una nuova estetica, tesa a ridurre la distanza tra l’artista e il fruitore; così come fornire modelli artistici innovativi da opporre ai canoni dell’arte accademica istituzionale.
Le filiali del Whitney Museum of American Art
Il Whitney è stato anche un museo innovatore per il fatto di aver trasferito le sue mostre e la sua programmazione oltre le proprie mura, aprendo filiali in aree circostanti di New York.
Le mostre, organizzate in questi luoghi site-specific, non solo hanno consentito al pubblico una maggiore affluenza alla collezione permanente del Whitney, ma hanno anche soddisfatto le esigenze degli artisti sperimentali, fornendo ampi spazi e opportunità di esibizioni e performance.
Le mostre del Whitney Museum of American Art
Oggi, le mostre del Whitney, spaziano da retrospettive personali approfondite dei principali artisti del XX secolo e dei contemporanei, a mostre collettive che presentano artisti giovani o relativamente sconosciuti al pubblico.
Gli artisti del Whitney Museum of American Art
Edward Hopper
Tra gli artisti maggiormente rappresentati al Whitney, si può citare Edward Hopper, celebre pittore e illustratore statunitense, esponente del realismo americano.
A oggi, il museo ospita 3151 lavori di Hopper, molti dei quali ritraggono figure umane dalle quali sembra emergere un forte senso di solitudine e di attesa. La direzione dei loro sguardi e i loro atteggiamenti sembrano “uscire dal confine del quadro“, nel senso che si rivolgono a qualcosa che è precluso alla vista dello spettatore. Per questo motivo di Hopper si diceva che sapeva “dipingere il silenzio“. Come confermato dall’artista stesso:
Non dipingo quello che vedo, ma quello che provo.
Tra le opere più rappresentative di Hopper figura Approaching a city, del 1946. In questo quadro l’artista ha dipinto il tunnel della ferrovia che passa sotto Park Avenue, per raggiungere la celebre stazione di New York, il Grand Central Terminal. Il sottopasso rivela anche un importante significato simbolico: un momento buio, teso a rappresentare la paura e l’ansia che si tende a sperimentare, prima di immergersi in una grande metropoli, come quella di New York.
Il collettivo Fluxus
Una retrospettiva permanente del Whitney è quella dedicata al collettivo Fluxus: un network internazionale di artisti, compositori e designer, conosciuti per aver mescolato negli anni sessanta diversi media e discipline artistiche, sperimentando linguaggi innovativi nel campo della performance, del Neo-Dada, del rumorismo e delle arti visive in generale, passando per la pianificazione urbanistica e architettonica.
Il collettivo Fluxus venne fondato nel 1961 dall’artista e architetto lituano George Maciunas (1931-1978), naturalizzato statunitense. La sua idea primigenia era quella di fondere le istanze rinnovatrici culturali, sociali e politiche americane in un unico fronte d’azione. Il movimento fu in seguito fortemente influenzato dalle idee sperimentali del compositore John Cage (1912-1992). Egli prevedeva l’inizio di azioni, senza sapere a quale risultato avrebbero eventualmente portato, conferendo così molta più importanza al processo di creazione che al prodotto finale.
Le Guerrilla Girls
Un collettivo tutto al femminile che ha conquistato gli spazi espositivi del Whitney, è quello delle Guerrilla Girls, letteralmente: “ragazze guerrigliere”. Il collettivo, nato nel 1985 per opera di sette artiste statunitensi, ha iniziato a imporsi con l’espressione di “arte femminista contemporanea”, battendosi contro la disuguaglianza razziale e di genere nel mondo dell’arte.
Le Guerrilla Girls sono famose per mantenere il loro anonimato indossando maschere di gorilla. Per coloro che si sono interrogati sull’utilizzo di queste maschere esotiche, le Guerrilla Girls hanno replicato che volevano mantenere l’attenzione focalizzata sulle questioni per cui si battono da quando è sorto il movimento (sessismo e razzismo in primis), non sulle loro personalità.
Il collettivo femminista è diventato quindi oggetto di interesse all’interno della comunità artistica, utilizzando titoli dirompenti e immagini oltraggiose, col fine di denunciare pregiudizi etnici e di genere nel mondo dell’arte, del cinema, della politica e nella cultura pop in generale.
Nel corso degli anni, le Guerrilla Girls hanno proposto centinaia di progetti (tra cui manifesti stradali, striscioni, performances, libri e video) in tutto il mondo. Le attiviste realizzano anche interventi nei musei, criticando la loro condotta inerente pratiche discriminatorie nell’accesso al mondo dell’arte. Le Guerrilla Girls hanno recentemente pubblicato un libro, “The Art of Behaving Badly”, che documenta centinaia di progetti proposti dal collettivo, dal 1985 al 2020.
Per gli appassionati di arte americana, non resta che organizzare un viaggio a New York e prenotare una visita al Whitney Museum of American Art, collocato nel cuore del Meatpacking District di Manhattan. Per info e contatti, consultare il sito del museo
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